REGGINA: DOPO LA BATOSTA È VIETATO MOLLARE

11.02.2025 13:00 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: DOPO LA BATOSTA È VIETATO MOLLARE

Al bando ogni ipocrisia: la sconfitta di domenica costituisce un colpo quasi mortale ai sogni di gloria amaranto, che realisticamente vedono ridursi drasticamente le possibilità di vincere l’attuale torneo, il cui destino non può più dipendere unicamente dalle proprie forze ma soprattutto dalle disgrazie altrui, attualmente assai poco ragionevolmente probabili.

L’ennesimo scontro diretto perso contro il Siracusa, ormai ufficialmente bestia nera del nuovo corso reggino, certifica che l’attuale classifica rappresenta lo specchio delle forze in campo: gli amaranto sono, al pari degli aretusei, una spanna sopra gli altri avversari del girone, tuttavia l’attuale capolista, soprattutto nei novanta minuti disputati in un Granillo coinvolgente come non accadeva da prima dell’ultimo fallimento, ha dimostrato di possedere qualcosa in più, e non necessariamente solo dal punto di vista tecnico.

L’impressione suscitata dal terreno di gioco, più che definire una palese differenza di valori in campo, ci narra di un avversario mentalmente più preparato ad affrontare certi appuntamenti e non a caso venuto fuori alla distanza dopo la sfuriata iniziale dei padroni di casa, il cui piano tattico poteva avere successo solo se i gol realizzati fossero stati più di uno, con un conseguente contraccolpo che, unito all’ambiente, avrebbe potuto avere la meglio.

L’intervallo, invece, ci ha restituito una squadra quasi timorosa che non ha dato più l’impressione di poter opporre resistenza ai siciliani, seppur alla fine qualche occasione per pareggiare l’incontro c’è anche stata, frutto di un generoso forcing finale dettato più dall’orgoglio che dalla testa, ma alla fine la sensazione che il Siracusa avesse meritato il successo era diffusa tra chi ha assistito alla gara, anche grazie alle loro individualità che, se non superiori alle nostre in termini assoluti, hanno dimostrato di poter esserlo nei momenti che contano.

Più di qualche rammarico, ovviamente, ha fatto capolino nel post gara, dalle assenze dei due elementi che probabilmente più di altri hanno inciso nel rendimento ottimale della squadra degli ultimi due mesi, Barillà e Grillo, alla mancata percezione, da parte della panchina, di dover profondere ogni sforzo per cercare di portare a casa almeno un punto, magari scegliendo di riempire la propria area di rigore piuttosto che cercare alternative in manovra, per il vecchio assunto secondo cui quando ci si rende conto di non poter vincere sarebbe meglio di evitare di perdere.

Chiaramente ogni ragionamento postumo è frutto di quel senno di poi che con il calcio ha poco a che fare, in termini di efficacia e riscontri, per cui meglio fare i conti con la realtà: sperando che la squadra non subisca un pericoloso contraccolpo che una delusione del genere potrebbe facilmente (ed anche comprensibilmente) favorire, l’imperativo deve rimanere quello di non mollare la presa ad ogni costo: lo si deve fare per non dare la sensazione, a chi è in vantaggio, di potersi cullare sugli allori fino a maggio; perché si deve arrivare secondi, con più punti possibili, e vincere i play off, per non lasciare nulla intentato; e soprattutto perché va onorata la maglia e vanno onorati i tifosi, e non solo i settemila presenti domenica ma in particolare coloro che l’hanno seguita sempre, dappertutto, e continueranno a farlo.

Al riguardo, le prossime gare ci diranno che tipo di torneo ci aspetta da qui in poi, se i prossimi mesi costituiranno uno stillicidio interminabile o se la rincorsa continuerà, anche solamente per terminare la stagione a testa alta e senza ulteriori rimpianti. Magari sperando in un imponderabile che, ormai, non costa nulla.