Leon a TuttoReggina: "Sempre grato a Reggio. Addio? Non è stata una mia decisione"
Dall'Honduras a Reggio Calabria, un cambiamento radicale ma il calcio ha una sola lingua e Julio Cesar Leon ha saputo con il tempo far innamorare il pubblico amaranto. Con la Reggina una cosa come settantasei partite e dieci gol, cittadino onorario di questa città dopo essere stato protagonista almeno per sei mesi della cavalcata salvezza della stagione 2006/2007. Ricordi indelebili per l'honduregno che si è raccontato in esclusiva ai microfoni ai nostri microfoni.
Cosa fa adesso Leon?
"Sono a casa mia con i familiari, ho chiuso con il calcio ormai. Dopo Miami ho giocato al Broncos sempre qui in Honduras".
Nell'estate del 2001 come è nata l'idea di arrivare a Reggio Calabria?
"Ero arrivato a Milano per firmare con la Juventus però ci fu un litigio tra D'Ippolito e Moggi e così scelsi Reggio Calabria nonostante altre squadre. Il giorno in cui sono arrivato a Reggio ho visto delle cose incredibili, arrivare in Serie B con una tifoseria così calda in cui non era facile fare bene. L'obiettivo era quello di conquistare la promozione subito, il gruppo era molto forte. Spero di aver dimostrato quello che valevo. Fin da piccolo il mio sogno era quello di giocare in Italia".
Ad un certo punto finisci addirittura in Serie C a Teramo fino al 2006.
"Sono stati due anni di sofferenza per me, non c'entravo niente con quelle categorie. Sono stato sempre un grande professionista, non ho mai avuto nessun vizio rispettando le regole. Purtroppo il presidente Foti ha avuto un litigio con il mio procuratore e se la prese con me, stavo soffrendo tantissimo. Grazie a Dio dopo due anni sono risorto".
All'improvviso in quell'estate 2006 riecco Leon, cosa successe?
"Dalla preparazione in ritiro mi stavano mandando via. Da quel momento in poi è cambiato tutto, ho conosciuto una grande persona come Walter Mazzarri e lui mi ha chiesto soltanto di allenarmi al meglio. Aveva anche delle brutte referenze nei miei confronti, a me non restava altro che rimanere zitto e dimostrare le mie qualità. Reggio Calabria si meritava di rimanere in Serie A in quel momento".
Come giudichi quell'annata?
"E' stato un miracolo, la squadra stessa non credeva alla salvezza. Mi guardavano e dicevano che ero un matto a pensare di salvarci, invece ero convinto che potevamo farcela".
Ricordi un episodio simpatico che ti lega alla Reggina?
"Ero sul charter con Mimmo Tavella a Roma e stavano equilibrando l'aereo, mi diceva di pregare perchè potevamo morire in quel charter che era troppo piccolo. Gli ripetevo di stare tranquillo, lui addirittura si è addormentato e non si è reso conto nemmeno dell'atterraggio e gli diedi uno schiaffo per risvegliarlo. Ancora mi sento con lui".
Ci sveli cosa successe in quel gennaio 2007 quando arrivò la cessione al Genoa?
"Non ho deciso io di andare via, è stata una decisione di Foti di vendermi al Genoa. Ero a Milano che stavo prendendo l'aereo, mentre salivo mi chiamò dicendo di rimanere lì perchè stavano venendo a prendermi per andare a Genova. Sono dispiaciuto perchè non ho avuto il tempo di salutare i miei compagni, io non volevo andare via perchè ero molto attaccato al gruppo. Eravamo un famiglia".
Adesso a Reggio Calabria c'è un tuo connazionale, Rigoberto Rivas.
"E' un bravo ragazzo, ha tanta fame e voglia di fare bene. E' un ragazzo umile, gli chiedo sempre di rimanere semplice e cercare sempre di imparare ogni giorno. C'è anche Denis che è molto forte come Reginaldo che io lo chiamo scherzosamente il "gorilla" che abbiamo giocato insieme a Parma. Sarò sempre grato a Reggio, grazie a voi sono quello che sono".